Dantedì 2023: alla ricerca dell’autografo perduto.

Se esiste un Bloomsday in Irlanda per ricordare lo scrittore James Joyce e il suo romanzo più famoso l’Ulisse, perché non proporre un Dantedì per ricordare il Sommo Poeta? Nasce così dall’idea del giornalista e scrittore Paolo De Stefano l’iniziativa che ha portato il Consiglio dei Ministri ad approvare la direttiva con la quale il 17 gennaio 2020 viene istituito il Dantedì. La data prescelta per la ricorrenza è il 25 marzo da molti studiosi indicata come quella di inizio del viaggio narrato da Dante nella Divina Commedia.
L’enorme risonanza delle opere di Dante, si deve alla larga diffusione che ne ha accompagnato sin dall’inizio la divulgazione. Ed è stata proprio tale diffusione a salvare l’opera di Dante dall’oblio, infatti, come per molti scrittori classici e medievali non conserviamo nessuna delle sue opere autografe né nessuna delle carte ufficiali che deve aver redatto quando svolgeva incarichi politici a Firenze o nelle città dell’esilio.
E’ da considerare, infatti, che fino all’invenzione della stampa da parte di Gutenberg a metà ‘400, i testi erano realizzati e diffusi solo in forma manoscritta ed il copista, poteva per distrazione o per altre ragioni intenzionali (modernizzare la lingua, assimilare la lingua del testo a quella del proprio uso, censure o interventi ideologici…), apportare modifiche che producevano centinaia di copie difformi delle varie opere. Ed è qui che entra in gioco la figura del filologo il cui compito è quello di ricostruire, basandosi sulle testimonianze conservate, un testo quanto più simile alla volontà dell’autore.
La tradizione testuale dantesca è ricchissima di testimoni, soprattutto per quanto riguarda la Divina Commedia, che conta quasi ottocento copie manoscritte, molte delle quali risalenti già alla prima metà del Trecento. La testimonianza più antica della Commedia è un frammento che riporta appena tre versi (precisamente Inferno III, vv. 94-96) datato 1317, dunque, addirittura precedente alla morte del poeta. La versione attualmente più diffusa del testo è quella curata da Giorgio Petrocchi nel 1966-1967, La Commedia secondo l’antica vulgata, in cui l’autore ha scelto di confrontare e utilizzare solo i testimoni più antichi ‒ precisamente quelli anteriori a Boccaccio, che di Dante fu grande studioso ed editore.
Si capisce, quindi, quanto stupore abbia sollevato il ritrovamento nel 2022 di un frammento di pergamena datato 1295 all’interno di un archivio familiare privato a Mantova, di quella che potrebbe essere l’unica firma autografa di Dante. “Ego Dantes Allaghery laudabam et me subscripsi” ovvero “Io Dante Alighieri approvo e ho sottoscritto”. Si tratterebbe di un documento stilato da Brunetto Latini che testimonia una disputa letteraria risolta con l’avallo dell’uso della congiunzione volgare “ma” da parte oltre che dello stesso Brunetto Latini, di Dante, di Guido Cavalcanti e di Dino Compagni. Il “Dolce stil Novo” al completo.
Per informazioni sugli eventi legati al Dantedì consulta la pagina sul sito del Ministero della Cultura
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